Nell'ambito del Comune di Borgo San Dalmazzo si sono individuati alcuni luoghi particolari, di grande interesse storico e/o ambientale, meritevoli di azioni di tutela e di valorizzazione.
PARCO GRANDIS
Parte di proprietà privata e recentemente in parte acquisito dal Comune, il parco si estende su una superficie di circa 40.000 mq., compresa tra le vie Grandis, Monserrato e Rivetta.
Con una piacevole morfologia del terreno, il parco sale da quota 640 m. a quota 690 m. circa.
Esso comprende:
- i ruderi dell'antico castello, di cui è ben visibile la parte basale di una delle torri di avvistamento;
- una fitta rete di sentieri, molti dei quali attualmente impraticabili (sopratutto verso il lato Italcementi), con un bel viale centrale carreggiabile ad andamento a mezza costa, che inizia da un accesso carraio posto in prossimità del primo tornante di via Monserrato;
- una interessante vegetazione arborea, costituita prevalentemente da Cedri dell'Himalaya, Cedri del Libano, Pini silvestri, Pini strobi, Larici, Frassini, Aceri montani, Ippocastani, Ciliegi selvatici, Roverelle, Ontani, Carpini bianchi, Aceri campestri, Sorbi montani, Robinie, e da un fitto sottobosco in cui si notano Noccioli, Bossi, Cornioli, Biancospini, Prugnoli e Agrifogli, oltre ad un forte sviluppo di Edera e Rovi per la mancanza di interventi di manutenzione;
- una interessantissima avifauna, che trova ampie possibilità di rifugio, in considerazione dell'aspetto selvaggio assunto dal parco nel suo complesso;
- bellissima visuale verso le valli Vermenagna e Gesso, deturpata però dalla presenza dello stabilimento Italcementi e dalla cava di Roccavione;
- visuale più chiusa, ma sempre molto piacevole, verso la zona dei boschi Stura.
ZONA COLLINARE TERRAZZATA
Un osservatore che proceda da Roccavione verso Borgo San Dalmazzo, rimane colpito dai ripiani che la pendice collinare premontana presenta lungo la fascia S-E, tra il Santuario di Madonna di Monserrato, T.to Brancassi e via Rivetta. Questa particolare sistemazione, ottenuta con paziente lavoro di terrazzamento, è la storica testimonianza di uno fruttamento intensivo, in condizioni di "fame di terra", sviluppatosi in relazione alle maggiori necessità materiali della crescente popolazione. Il terrazzamento fu infatti adottato dai primi coltivatori per difendere il suolo dall'erosione, per ridurre la pendenza dei versanti e per creare le possibilità produttive agli alberi fondamentali della civiltà mediterranea: la vite (nel caso specifico) e l'olivo. Il terrazzamento è di regola la sistemazione agronomica dei terreni declivi con pendenza superiore al 30 - 40%; elementi caratterizzanti sono i muri di sostegno ed i ripiani, adattati alle varie pendenze. Ad un esame particolareggiato, la zona terrazzata di Borgo si può considerare oltre il limite della convenienza sistematoria. La pendenza media si aggira infatti sull'80%, con minimi del 60% e massimi del 100%, con il risultato che muri e ripiani, dovendosi adattare all'asperità del suolo, non si presentano mai perfettamente uguali fra loro e, peggio, assumono dimensioni economicamente non giustificabili. E' assai piacevole addentrarsi in questi meandri di viottoli, molto tortuosi, spesso gradinati nei tratti più accidentati, per cogliere visioni paesaggistiche pregevoli ed alquanto suggestive. Le terrazze, ottenute mediante la costruzione di muri a secco di pietre calcaree ben squadrate ed allocate, danno origine a ripiani larghi sui 5 m., con dislivello tra loro di m. 3/3,5 circa. Le colture praticate sono attualmente di tipo ortivo, per uso familiare, con consociazioni arboree di Susini, Peri e Meli a casuale disposizione delle singole piante. Vi è talvolta la presenza relitta di qualche vite, che un tempo rappresentava probabilmente la coltura principale di questi terrazzi.
Laddove i ripiani sono stati abbandonati, si nota il rapido avanzamento del cespuglieto e del bosco e, dato l'ambiente xerofilo, la comparsa della Roverella assieme alle altre tipiche essenze arboree.
SANTUARIO DELLA MADONNA DI MONSERRATO
Luogo di culto di particolare significato per la Comunità di Borgo San Dalmazzo, il Santuario sorge sulla sommità di un rilievo, dal quale si gode un ottimo panorama della pianura cuneese, delle valli circostanti (Gesso, Vermenagna e Stura) e della lunga cresta della Bisalta (dal Bric Costa Rossa alla Cima Besimauda). La bellissima visuale sui dintorni è tutt'ora parzialmente compromessa da un eccesso di vegetazione arborea che tende ad espandersi sempre di più. L'eccessiva fittezza degli alberi preclude parzialmente la vista del Santuario, sia dal centro abitato che dalla pianura, sicchè nella stagione stiva soltanto il campanile riesce a superare la fitta coltre della vegetazione.
Il paesaggio botanico è quello tipico della zona, potendosi annoverare tra le specie più significative l'Acero montano, il Tiglio, l'Acero platanoide, l'Acero campestre, il Ciliegio, la Betulla, l'Ippocastano, la Roverella e, tra le specie invadenti, la Robinia, il Frassino maggiore, il Susino selvatico, ecc. Tra le conifere non spontanee vi sono da segnalare i Cipressi di Lawson, alcuni Cedri del Libano e qualche esemplare di Abete rosso. Il sottobosco è di tipo comune, con presenza tra i più significativi, di arbusti di Sanguinella, Prugnolo, Bosso e Nocciolo. Alcuni begli esemplari di Prunus cerasifera (Mirabolano) fanno da cornice al piazzale destinato a parcheggio.
S.ANTONIO DI ARADOLO
Posto nel solatio versante di valle Gesso, a quota 1051 m., S.Antonio di Aradolo è una delle più antiche frazioni di Borgo San Dalmazzo. Immerso nel verde della vegetazione - che di spontaneo conserva alcuni begli esemplari di Acero campestre, di Frassino e Sorbo montano ma troppo numerosi appaiono i Cedri atlantici accanto agli Abeti rossi, ai Larici e ai Pini silvestri -, questo centro montano, un tempo assai abitato, conserva una bellissima chiesa, ove una lapide ricorda l'eccidio di Partigiani e Civili a seguito della rappresaglia nazi-fascista del 20 febbraio 1945. Numerose ville e casette, alcune in stile forse un po' troppo moderno e poco in sintonia con l'architettura locale, fanno da corona all'antica borgata che è situata poco dopo la chiesa, sulla pendice a sud che da monte Croce degrada verso il vallone di Madonna Bruna. Si gode da qui un ampio panorama sulla valle Gesso e sui numerosi Tetti (Perasso, Lovera, Garra, Giaculas, Miclun, Barale sottano, Baus, Giacomella, ecc.) che, immersi nel fitto della vegetazione, caratterizzano in modo puntiforme l'estremo lembo sud-occidentale del Comune di Borgo San Dalmazzo.
MONTE CROCE
E' uno dei punti di osservazione più belli esistenti nel territorio comunale.La cima di monte Croce (m. 1217) - situata sulla sommità di un'ampia radura che, nel versante a mezzogiorno, inizia in prossimità della carrareccia Tetti Pilone/Colle dei Firet - offre infatti un'eccezionale veduta panoramica sulle valli circostanti, sulla pianura cuneese e, nelle giornate limpide e serene, anche su un ampio tratto della catena alpina. La sommità di monte Croce è raggiungibile mediante un sentiero che si stacca dalla predetta carrareccia e percorre con andamento sinuoso una vasta prateria costituita in prevalenza da Felci e Lavanda. Sono peraltro riconoscibili moltissime altre specie botaniche costituite da graminacee (Agrostis, Anthoxantum, Dactilis, Phleum, Poa, Cynosorus, Arrenatherum) e leguminose (Trifolium alpinum, Lotus corniculatus, Vicia sp., Lathyrus sp.) oltre a Campanula, Centaurea, Pedicularis, Calluna, Hieracium, Senecio, Dianthus, Sempervivum, Hypericum, ecc.
Questa prateria, un tempo ampiamente pascolata, è attualmente in fase di progressiva colonizzazione da parte di essenze arboree spontanee (Roverella, Sorbo montano, Betulla, Ciliegio selvatico, Frassino, ecc.) ed arbustive (in prevalenza Ginepro, Biancospino e Rovo). Quanto al versante settentrionale, degradante verso la valle Stura e quindi verso la proprietà omunale del Buschin, esso è interamente colonizzato da piante arboree, in parte frutto di rimboschimenti ed in parte di tipo spontaneo.
FAGGETA DEI FIRET
E' anch'essa una delle zone più suggestive, sia sotto l'aspetto panoramico che naturalistico, esistente nell'ambito comunale. La faggeta dei Firet, che colonizza l'omonimo colle, è raggiungibile dopo una ventina di minuti di agevole cammino lungo la carrareccia, a mezza costa, che parte dai Tetti del Pilone; si tratta della stessa carrareccia dalla quale, dopo alcune centinaia di metri, si snoda sulla destra il sentiero per Monte Croce. Situato sullo spartiacque tra la valle Gesso (vallone di Madonna Bruna) e la valle Stura (Comune di Moiola), il colle dei Firet (m.1148) è assai interessante dal punto di vista forestale per la presenza dominante del Faggio rispetto alle altre latifoglie che l'accompagnano (Rovere, Ciliegio selvatico, Betulla, Sorbo montano e Sorbo degli uccellatori, Acero, Tiglio, Frassino tra le piante arboree e Maggiociondolo, Biancospino, Sambuco, tra le arbustive). La presenza "dominante" del Faggio sulle altre essenze "dominate", giustifica la definizione di "faggeta" vera e propria, data a questa particolare associazione forestale. Lungo il versante dello Stura, già nel Comune di Moiola, più fresco ed ombroso, la faggeta assume un aspetto più fitto e denso, determinando la riduzione delle specie arbustive e la comparsa sporadica di specie quali l'Acero, il Tiglio e il Frassino; indici, questi ultimi, di una localizzata diversa profondità e freschezza del suolo. Dal punto di vista estetico, la zona dei Firet si distingue per la maestosità dei bellissimi esemplari di Faggio, generalmente dritti e slanciati la cui corteccia liscia, anche in età avanzata contrasta con quella rugosa delle Querce. L'aspetto più bello viene tuttavia offerto nell'autunno quando il fogliame verde lucente del Faggio, passa al giallo, all'arancione e al marrone chiaro, contrastando piacevolmente con il rosso delle foglie del Ciliegio, suo abituale accompagnatore. Alquanto suggestivo appare anche, il viale di Noccioli che, nella parte terminale del percorso, delimita lo spartiacque tra le valli del Gesso e della Stura. Quest'ultimo versante inizia con un'ampia radura pascoliva (costituita dalle stesse essenze erbacee indicate per Monte Croce), che consente un bellissimo panorama sull'Alpe di Rittana, sul Vallone di Valloriate ed, in lontanza, sulla piramide del Monviso.
AREA COMUNALE DEL BUSCHIN
Di proprietà comunale, la zona del "Buschin" si estende su una superficie di circa 460 ha, pari a circa 1200 giorn. piemontesi. Essa è raggiungibile mediante la carrareccia che, partendo dalla strada comunale di S. Antonio di Aradolo, attraversa Tetti Tendias e Tetto Avocat, oltre il quale, dopo circa 300 m., sbocca in un'ampia radura, sede di un ex ricovero per l'alpeggio. L'aspetto originario del Buschin, un tempo adibito ad area pascoliva, è oggi completamente cambiato. Infatti negli anni 1960-70 l'area è stata oggetto di rimboschimento, con la messa a dimora di Conifere che hanno modificato profondamente l'aspetto del paesaggio forestale del Castagno. Vi si notano infatti, accanto alle classiche specie autoctone (Betulle, Ciliegi, Frassini, Aceri, Sorbi ecc.), specie resinose, quali: Larice, Abete bianco, Abete rosso e Pino silvestre. In queste zone coniferate, il sottobosco ha perso il suo aspetto originario, essendo per la quasi totalità ricoperto da Felci. Nelle poche radure rimaste, le cenosi erbacee presenti sono identiche a quelle più volte citate in aree analoghe. Dal punto di vista della sua valorizzazione, questo sito offre:
- una strada di accesso abbastanza agevole anche con mezzi meccanici;
- una discreta rete di sentieri che si snoda lungo la pendice montana;
- una tettoia per la sosta (ubicata nella zona più a monte), dotata di tavolo e sedili;
- la possibilità di osservare un paesaggio che, discostandosi da quello tipico del Castagno e del Faggio, tende ad assumere le sembianze di una vera e propria foresta di Conifere, il cui valore naturalistico è senza dubbio elevato, sebbene in contrasto con la fascia altitudinale.
ZONA DEI CAMOREI
Situata sulla sponda destra del fiume Stura, a ridosso dell'alveo, l'area dei "Camôrei" e' molto interessante oltre che per le qualità organolettiche dell'acqua che sgorga dall'anonima fonte, anche sotto l'aspetto naturalistico. La vegetazione è quella tipica della "zona umida", essendo caratterizzata dalla presenza della formazione arborea Salice-Ontano-Pioppo e da un sottobosco arbustico di Biancospino e Sanguinella.Quanto alle ripe circostanti, l'habitat che si presenta è quello del bosco misto, con presenze di Frassini, Ontani, Ciliegi selvatici, forme ibride di Querce, Carpini bianchi, Aceri, Robinie oltre alla comparsa qua e là di Castagni relitti. Il sottobosco è anch'esso assai intricato per la presenza numerosa dei Rovi, dal Sambuco, del Nocciolo e del Biancospino.La fitta copertura vegetale di questi suoli, posti in adiacenza al corso dello Stura, è determinante per la formazione di specifiche biocenosi, delle quali l'avifauna rappresenta uno degli elementi più appariscenti.
LAGO BORGOGNO
Di proprietà privata, il cosidetto "Lago Borgogno" è un bacino idrico artificale di notevole interesse, sia sotto l'aspetto naturalistico, sia come esempio di spontaneo restauro ambientale. Sotto quest'ultimo aspetto, esso rappresenta infatti il risultato di come la natura abbia provveduto alla riedificazione paesaggistica di un luogo, utilizzato nel passato come cava per laterizi. Le sponde sono attualmente colonizzate da esemplari spontanei di Alnus glutinosa (Ontano nero), di rara bellezza, accanto ai quali, a pochi metri dalla riva, svettano in tutta la loro maestosità Pioppi, Frassini e Ciliegi selvatici. Il sottobosco è quello tipico del paesaggio lacustre, potendosi riconoscere uno strato arbustivo non troppo invadente di Noccioli, Biancospini, Sanguinelle e Sambuchi. Anche l'avifauna è ben rappresentata e, nei periodi di passo migratorio, non è raro imbattersi in alcune specie di Anatidi e Rallidi. La presenza di acqua stagnante, la cui profondità è di circa 3-4 m., favorisce poi lo sviluppo di fauna ittica, rappresentata prevalentemente da Carpe e Tinche.